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Archive for the ‘vibrisse’ Category

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ΚAΛOΣ   ΧEIMONAΣ …

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Poggio pratone

Fruscii di velluto nero
in picchiata, radenti
ad acchiappare insetti

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Un caffè appena si potrà

Ha un sorriso e una certa vitalità accattivanti, eppure di dolore-così mi hanno detto-ne ha vissuto molto ed è ancora, credo, recente.

Ha un’aria simpatica, gentile senza eccesso, attento quando ti parla come se non ci fosse altro in quel momento, eppure gli incontri sono stati limitati a qualche saluto, una stretta di mano, un appuntamento appena si potrà, per un caffè.

Non sappiamo nulla l’uno dell’altra, se non quel poco che si trasmette di parola in parola tra un cambio d’ora e la pausa in aula insegnanti.

E’ una bella persona; così sembra dalla forma, ma penso che sia anche sostanza. C’è una simpatia reciproca, da un lato credo per il senso di riconoscenza che traspare dal suo affetto per la scuola delle figlie, dall’altro perché un papà, e per giunta nemmeno di un mio alunno, lascia per me un caffè pagato e un grande sorriso.

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“Il signor Ferdusi, che ha trascorso una vita a contatto con l’arte e la bellezza, guarda alla realtà circostante come a un film di serie B proiettato in un vecchio cinema pidocchioso. “E’ solo questione di gusto” mi dice. ”L’essenziale è aver gusto. Se un po’ più di gente avesse un po’ più di gusto, il mondo sarebbe diverso. Tutti gli orrori…come menzogna, tradimento, furto, delazione si possono invariabilmente raggruppare sotto un unico denominatore: cose del genere le fa chi manca di gusto”.
Si ricordi che quel che ha permesso ai persiani di restare persiani per duemilacinquecento anni, quello che ci ha permesso di restare noi stessi malgrado tante guerre, invasioni e occupazioni, è stata la nostra forza spirituale, non quella materiale; la nostra poesia, non la tecnica; la nostra religione, non le fabbriche. Che cosa abbiamo dato al mondo? La poesia, la miniatura e il tappeto. Come vede, tutte cose inutili dal punto di vista produttivo. Ma attraverso di esse ci siamo espressi. Abbiamo dato al mondo qualcosa che non ha reso la vita più facile, però l’ha abbellita, sempre che una distinzione abbia senso. Per noi, per esempio, il tappeto è un bisogno vitale. Lei srotola un tappeto in mezzo a un deserto ardente, ci si sdraia sopra e si sente come in un prato verde.
Un tappeto dura per sempre, un buon tappeto mantiene i colori per secoli e secoli. Quindi anche vivendo in un deserto spoglio e monotono, lei vive in un eterno giardino che non perde mai colori né freschezza. Può anche sbizzarrirsi a immaginare i profumi, il mormorio del ruscello, il canto degli uccelli. E allora si sente bene, si sente importante, più vicino al cielo: si sente un poeta”.
 

R. KAPUSCINSKI, Shah-in-Shah, 1982

 

Quasi quasi domani mi regalo un mazzo di fiori, niente di più inutile per certi versi o, per altri, fondamentale pane per l’anima. Gattogino annuisce.

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Girandola che ti passa

E’ il giorno della revisione. Un gruppo di esperti stabilisce se una persona sta bene oppure no, se sta di qua o di là della soglia…il paradosso è che questo viene chiesto innanzitutto proprio a colei che, per prima, non sa bene da che parte sta. Oppure lo sa, ma la percezione del suo benessere è assai diversa da quella di noi “normali”.

Comunque il giorno è passato, il momento fatidico superato. Dall’esito dipendono molte cose, che riguardano meno lei, più me…che strano il destino, a volte il benessere può essere controproducente e meno desiderabile dell’equilibrio ritrovato. E’ un pensiero come corvo nero che passa e va subito oltre, per mia fortuna: per lei desidero sguardi accesi, passi sicuri, attività entusiaste, piuttosto che occhi spenti, passo incerto, l’apatia o la frenesia incontrollabile.

Intanto da tempo ragiono sul fatto che il momento del passaggio è forse quello in cui mi sembra di trovare con lei una maggiore intesa, di incontrare più la dolcezza e la tenerezza materne, invece della testardaggine, dell’assertività e della furia contenuta, che sono altri aspetti, ma pur sempre fondamentali del suo carattere. Adesso che da mesi è tornata veramente a casa, la osservo in modo consapevole e con indulgenza. Mi sento in pace.

Mentre penso, con leggerezza e assorta tranquillità mangio biscotti, sorseggio un tè bollente, guardo l’acero grondante di verde nuovo, leggo, accarezzo e parlo con gattogino, inizio relazioni, seleziono foto del viaggio recente…

Soddisfatta ammiro in terrazza la mia nuova girandola grigio-azzurra, dispositivo anti felino e acchiappa sorrisi.

In un giorno plumbeo come questo non è poca cosa.

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Oggi è il giorno dell’esumazione di una nonna e della bisnonna, mai conosciute. Che volto avevano? Qual era il nome della bisnonna?

Solo grazie ad alcune vecchie foto riesco a rispondere ad una di queste domande, ma non certo grazie alla memoria dell’esperienza e dell’affetto.

Guardo il cielo, azzurrissimo, solcato da nubi, aria di primavera gentile. Penso che è una bella giornata questa, in cui i loro corpi tornano per un attimo ad essere sfiorati dalla luce e dal vento della vita. La vita e il mondo che furono anche loro.

Chissà come fu il giorno in cui chiusero per sempre gli occhi su questa luce…

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Una preghiera

Una preghiera azzeccata dunque esaudiscila, Zeus.
Dammi per tanti mali qualche bene:
che muoia se non trovo riposo alle pene,
se non rendo dolore per dolore,
perché è mio destino. Eppure non vedo castigo
per chi si tiene il mio con la violenza,
e mi ha saccheggiato. Io sono il cane che guada
il torrente e la piena lo travolge.
Bere quel sangue nero: sorgesse la buona divina
Potenza che esaudisse quel voto!

Teognide (vv.341-350)

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Ne hanno parlato a Fahrenheit nel primo pomeriggio ed essendo tra coloro che hanno scritto al Presidente

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“Il segreto della domanda”

Ho ricevuto in dono un libro, mi si apre quindi un nuovo orizzonte di pensiero. Come dice Piumini “tu apri un libro, lui apre te”.

E’ un libro di domande e risposte, ma perlopiù di domande. Nell’introduzione leggo la citazione da Oscar Wild: “Se hai trovato una risposta a tutte le domande, vuol dire  che le domande che ti sei posto non erano giuste”.

Quante domande in questi giorni ci stiamo ponendo, mi sto ponendo, e la risposta non è mai univoca, assertiva, lineare. Sempre più fa capolino il dubbio, quello per cui prevale il pensiero silenzioso, ma attento, di chi non partecipa alla discussione e discretamente ascolta per capire di più. Spesso mi sembra incapacità di prendere posizione, talvolta comprendo che è una disposizione del carattere all’umiltà di fronte al mistero.

Leggo ancora, da un altro orizzonte che si aprì tempo fa:

“Non credo certo a un’aristocrazia di potere basata su rango e favori, ma all’aristocrazia dei premurosi, dei discreti e dei coraggiosi. I suoi membri si trovano in tutte le nazioni, in tutte le classi sociali e nelle persone di ogni età. E c’è come una connivenza segreta fra di loro, quando si incontrano. Rappresentano la sola vera tradizione umana, l’unica vittoria permanente della nostra strana razza sulla crudeltà e il caos.
Migliaia di loro perirono nell’oscurità; pochi sono i grandi nomi. Sono all’ascolto degli altri come lo sono di loro stessi, sono attenti senza esagerare e il loro valore non è un atteggiamnto, ma piuttosto un’attitudine alla sopportazione di qualsiasi peso. Come se non bastasse hanno il senso dell’umorismo”

citazione della citazione di Anna Gavalda, L’età dei sogni, Frassinelli

In questa aristocrazia mi piacerebbe riconoscermi.

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Quella soffice, semplice, strapazzata con la cipolla, condita o meno…una frittata, quella che difficilmente mangi fuori casa, neanche un ovetto all’occhio puoi ordinare al ristorante. Frittata che sa di cucina serale, a volte rimediata all’ultimo, perché in frigo altro che uova non c’è…Questa la frittata per me, prima di ascoltare Edoardo Lombardi Vallauri, un pomeriggio di qualche tempo fa…

“…Le persone intelligenti possono essere di natura molto diversa…ecclettici (frittate) e perseveranti (grattacieli).

Le frittate sono quelli che si disperdono in tante cose che gli piacciono. La maggor parte di noi è una frittata. La frittata su ogni punto della sua base ha prodotto un risultato modestissimo…nella frittata prevale la larghezza sull’altezza; la frittata ogni cosa che fa, la fa un po’, ma poi sente il fascino della cosa vicina, si distribuisce, dilaga come l’uovo liquido sulla padella.

A chi è più facile vivere accanto?  Forse le frittate hanno più spazio per gli altri perché  la frittata è sempre disponibile ad ogni sollecitazione;  tu puoi essere importante per una frittata!

La frittata non ha il coraggio di rinunciare a niente, ogni volta che ha voglia di fare una cosa la fa, ma ha il coraggio di affrontare cose nuove, cose in cui non è di casa; ha il coraggio di rimettersi in gioco nell’imprevisto, nell’ignoto, ha un coraggio di breve corso…

La frittata, però,  si ritira sempre prima che si riveli la sua inadeguatezza: la frittata tocca una cosa, poi ne tocca un’altra, prova per qualche anno, fa alpinismo, canoa, studia greco moderno, suona il violino, si dà alla pittura, poi passa alla scultura…non si arriva alla resa dei conti, per vedere quanto vali…Essere frittata dà conoscenza della realtà più equilibrata , più completa…

Uno dei grandi eroi archetipici è l’uomo dalla mente colorata, multiforme, versatile…Odisseo…”

Odisseo-frittata!!…Incredibile.

Per i grattacieli invito all’ascolto completo della curiosa disquisizione di Castelli in aria

E voi, siete frittate o grattacieli?

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