Il mio lavoro è anche rovistare carte, scegliere libri e pagine da raccontare o leggere, raccogliere idee, lanciarle o più poeticamente, seminarle -spesso al vento, ma chissà, in qualche terreno fertile qualcuna cadrà- liberare pensieri, trovare parole che sappiano dire…
Insomma, mentre cercavo una pagina e un’idea per domani, il libro mi è caduto in mano. Mi ha letteralmente trovato lei, la pagina che ricordavo…e insieme altre, che avevo dimenticato.
Fortunatamente, a volte, anche le parole ci vengono a cercare.
“Gentile Professore, mio figlio ieri non ha potuto studiare perché l’ho portato dal dentista, e quindi le chiedo per favore di non interrogarlo oggi”. …E’ per questo che poi i miei allievi non sanno mettere gli apostrofi… Proprio per questa ragione i miei allievi non sanno mettere gli apostrofi: perché noi adulti abbiamo abolito le regole. Non è esattamente che le abbiamo abolite, le abbiamo…allentate…Tutti noi adulti, non solo insegnanti, diamo le regole ma poi lasciamo correre, non interveniamo più che tanto. Non prendiamo provvedimenti. Non puniamo. Non diamo sanzioni, se non leggere e transitorie. Quindi il messaggio che passiamo è molto chiaro: nulla è mai veramente grave. Credo che lo pensiamo davvero, e che non siamo nemmeno poi così in torto: davvero un apostrofo non è così grave, non casca il mondo e non muore nessuno…Peccato che non sia vero niente…Non so perché, a me sconvolgono soprattutto gli apostrofi. Certo, anche gli accenti e le virgole, ma con gli apostrofi, non so, io penso di avere un problema personale…
L’apostrofo è il segnale di un’assenza, di una mancanza: segna qualcosa che prima c’era e adesso non c’è più, è caduto, è morto. Ecco, l’apostrofo indica un lutto. E’ un piccolo segno, una virgoletta sospesa, che dice al mondo intero: vedete, prima qui c’era una sillaba e adesso la parola l’ha persa, è monca, ne deve fare a meno. Però conserva la memoria di quella sillaba morta, le ha fatto una specie di monumentino e attraverso quello la ricorda e la celebra per sempre. Celebrazione di una sillaba morta…Capito? E’ una cosa tragica, l’apostrofo. Noi dovremmo tutti, davanti a un apostrofo, spargere due o tre lacrime, soffiarci una volta il naso, almeno avere gli occhi rossi…
Un po’…
Io non voglio vivere in un mondo in cui metà della gente scrive un po senza apostrofo, e l’altra metà scrive un pò con l’accento.”
Da Paola Mastrocola, La scuola raccontata al mio cane, Guanda 2004
Questa pagina me l’ero proprio dimenticata, ma il suo posto è giusto giusto (per ironia e serietà al tempo stesso) tra i commenti di un post d’inizio anno e i pacchi di temi, rinnovati di settimana in settimana, su cui troneggia gattogino!
sto cercando di ricordarmi tutte le volte di scrivere po’ e non pò..ricordarmi che è una cosa tronca quel po’..po single non lo scriverei perchè sono nata respirando il fiume e lì non sbaglio..
eppure la lingua cambia, si adegua, prende forme diverse.
leggevo un articolo su D di rep, parlava dei ragazzini neri che giocano a basket nei campetti di manhattan..quando sbagliano un passaggio dicono “my bad” : nessuno insegna questo a scuola : puristi , i nostri prof..ti insegnano il do not : che neanche a oxford usano più.
mi ricordo quando la nostra prof d’italiano ci permise nei temi in classe di andar a capo con l’apostrofo, senza mettere la vocale : avevano inziato i giornalisti e forse lei era una bolscevica rivoluzionaria.
il mondo corre, forse dovremmo adeguarci al linguaggio dei ragazzini per non perderli troppo di vista.
forse.
buona giornata.
Non so Cristina se bisogna proprio adeguarci a loro linguaggio per non perderli di vista, magari conoscerlo, quello sì. Ma è fondamentale continuare a far ascoltare il bel suono di alcune parole “antiche”, di certe combinazioni lessicali…credo possa essere come l’ascolto di una buona musica che attraversa il tempo e continua a piacere al di là delle generazioni.
E comunque che almeno il verbo avere sia il verbo avere e una preposizione una preposizione…si vede e si legge di tutto. Sono fortunata perché in genere leggo testi curiosi, originali, comprensibili (non è poco!); negli anni alcuni si sono ripuliti di segnacci rossi come passati in candeggina…ci tengono questi ragazzetti, accidenti. A costo-come mi ha confessato Giulia-di eliminare tutte le parole con sci e sce…pericolosissime per lei…Ah, Giulia e tutti gli altri: adorabili adolescenti! La butto là: da una settimana hanno anche uno spazio tutto loro (finché qualcuno non mi mette in prigione per abuso del web a scuola…) sperimentale molto sperimentale dalcinquealsei.wordpress.com
Buona serata, Rossana
ma che bella idea, rossana…anche violetta ha un blog e molti amici suoi..da anni.
la scuola non c’entra, ce l’hanno per fatti loro.
viola in questo periodo ha letto tutta la trilogia dei libri dei vampiri twilight…sì, il bello delle parole.
cmq quando scrivono su msn o nei loro blog personali è tutto una k o parole che non conosciamo..
al corso di scrittura creativa di holden ci hanno detto che noi scriviamo in modo “manzoniano”, come tutta la scuola italiana.
lo sapesse la mia prof del liceo :)))
buona serata.
Mentre ero in bagno a ricompormi per la notte pensavo che comunque alcuni capitoli del romanzone della letteratura italiana sono eccezionali e non manco mai di stupirmi per la qualità quasi cinematografica del racconto, di certe descrizioni…quasi esaltanti o forse a scuola, leggendole ai ragazzi, mi diverto solo io? Bha…questo è un dubbio che mi attanaglia spesso. In ogni caso a me questo romanzone piace, mi è sempre piaciuto tanto. E lavando i denti mi è venuto anche questo bizzarro accostamento, forse irreverente, con Ammaniti, in particolare l’ultimo, denigrato, poco compreso. Per me grande scrittura e poi è della mia stessa generazione. Pensa un po’ po pò. Notte che qui tra un po’, appunto, si delira…
ho conosciuto ammaniti. l’ho sentito parlare alla scuola holden, una lezione sua. è stato un ragazzino scavezzacollo, che ha iniziato a scrivere ingannando i suoi, dicendo che preparava la tesi di laurea. che non ha mai preso.
a suo tempo è stato anche esiliato dal padre, arrabbiato per essere stato preso in giro alla grande.
quanto al fatto dello scrivere , per concludere il discorso, quelli della holden (ovvero baricco, perchè la scuola è sua) non sono affatto contenti che noi si scriva in quel modo un po’ manierato …che ci condiziona, noi scrittori con piccole speranze, sempre..dicono, quelli di holden, che bisognerebbe che gli insegnati lasciassero scrivere i ragazzi con la lingua che parlano..perchè se tuo padre ti riempie di botte devi scrivere mi riempie di botte e non mi malmenò.
così è , gatto gino…discorsi lunghi e complessi.
per chi ha tempo e voglia
buona serata
E’ troppo tardi per discorsi seri ma poi mi scappa il pensiero…ma non è che prima bisognerebbe saper scrivere, conoscere la buona scrittura e poi scegliere coscientemente di non perseguirla? Buona notte gatto gino dorme già…io no accidenti e adesso anche leggo.
Ho appreso l’uso di scrivere “pò” invece di “po’” dal mio telefonino, visto che la composizione T9 mi dava questa, per me strana, opzione dopo aver premuto la P e la O.
Personalmente direi che ci sono non una lingua moderna ed una antica, ma infinite varianti.
La lingua infarcita di k e di abbreviazioni dei nostri figli è, come sempre, un segno di appartenenza per loro. Essere incomprensibile a noi è esattamente il suo scopo, perché è la “loro” lingua.
Con buona pace di Baricco e della sua spocchia, neanche lui scrive libri (né lo fanno De Luca, Celati, Di Carlo… tutti manzoniani?) sostituendo “ke” a “che”, oppure “nn” a “non”. Se qualcuno suona al citofono, non si risponde “k6?”, e così via.
Per quanto riguarda l’inglese, che parlo e scrivo più che decentemente, posso testimoniare che, con buona pace di D (inteso come settimanale), il “do not” si usa non solo ad Oxford, ma ovunque si parli un inglese comprensibile al resto dell’umanità – cioè, anche qui, ovunque la lingua non sia uno strumento di distinzione, ma di comunicazione.
Per concludere, sul fatto che la lingua cambi e si evolva, sono d’accordo con la padrona di casa: con secoli di semiotica del linguaggio alle spalle, penso che qualunque innovazione andrebbe filtrata con la conoscenza di quello che c’era prima. Ogni evoluzione che renda il linguaggio uno strumento di comunicazione più potente, probabilmente sopravviverà agli anni.
In che modo scrivere “pò” sia un miglioramento della lingua italiana attuale, questo però resta per me un mistero.
Ops… DE Carlo…
ciao roberto..io non scrivo con la k,ma sicuramente in modo manzoniano si. te ne rendi conto nel momento in cui ti siedi ad un corso di scrittura creativa. holden funziona : è vero che inculca un certo modo di scrivere, ma ti ricordo che giordano, premio strega al primo libro,arriva da li.
non conosco bene quanto te l’inglese , ma immagino che gl’immigrati cubani, messicani, i ragazzini neri che dicono my bad quando passano male la palla non utilizzino la costruzione della frase come hanno insegnato a noi .e che in inghilterra la gente si riconosce dalla pronuncia : quelli che arrivano dai grandi and old and fashion college hanno una pronuncia che non hanno gl’altri (questo te lo posso assicurare avendo mio fratello frequentato 5 anni di liceo a bath in un collegio di padri benedettini )
rendiamoci conto che nel film gomorra è stato girato utilizzando ragazzi che vivono lì e sanno parlare il loro dialetto con qualche frase d’italiano a caso.
in piemonte fino all’unità d’italia si parlava o francese o piemontese , l’italiano chi andava a scuola..
abbiamo cominciato ad avere una lingua nazionale tardi …
con questo voglio dire che forse, bisognerebbe trovare una via di mezzo …non possiamo pensare che la via di mezzo la trovi maria de filippi con amici o gli smandrappati del grande fratello.
se no continueremo a fare film come gomorra con i sottotitoli in italiano perchè quella è la lingua che si parla a scampia, campania, italia.
buona serata rob..speriamo di vederci presto e di fare una bella chiacchierata su questo :))))
cristina
sto leggendo un libro faticoso.
intendo faticoso per me che non ho sufficienti basi di filosofia per comprendere al volo il pensiero dell’autrice, che, invece, è filosofa.
quindi mi tocca meditare su ogni frase, ogni avverbio, ogni vocabolo e verbo e cercare di trarne un senso.
lo leggo piano e rileggo.
s’intitola “La via dell’amore” di Luce Irigaray, è proprio vero che nomen est omen, una che si chiama Luce non può che scrivere d’Amore.
Ma in fondo questa è la strada della filosofia al femminile, da Diotima in avanti.
Scusa, divago.
Il punto è che questo libro parla della parola e del linguaggio, è una potente critica di Heidegger e della parola come sovrastruttura che impedisce una reale comunicazione fra diversi, a partire da maschio e femmina, fino ad arrivare ad ogni altra diversità.
C’è l’invito a trovare un terreno nuovo e aperto di scambio del dire in divenire che vada alle radici dell’intimo per arrivare ad una conoscenza profonda.
Ecco, forse non si dovrebbe essere così formali (io lo sono) ma badare più al contenuto e, forse, nel loro neolinguaggio semplificato è ciò che stanno tentando i nostri figli.
Comunque ti farò sapere, se ti interessa.
Sì, grazie per la condivisione: è sempre importante, è una grande ricchezza. Io sto leggendo (contemporaneamente ad altre cose, ma è un periodo di grande fermento e vivacità intellettuale, ne sono felice, mi consola di altre cose che non sempre mi gratificano…) un saggio breve e ben scritto di Alain Gresh: Palestina, Israele del 2004…forse già un po’ datato, ma interessante perché tratta in modo chiaro la questione palestinese dal punto di vista storico, dagli albori. Anche questo libro piovuto dallo scaffale di casa, mentre cercavo altro. L’avevo comprato tempo fa perché mi aveva incuriosito e poi è finalmente arrivato il tempo- quello giusto- per lui. Un abbraccio
Ah, in una pausa tra uno scrutinio e l’altro, penso a quanto scrivi sul contenuto. Ahimé il contenuto è pure uno dei punti dolenti nella scrittura dei ragazzi, almeno per quello che si richiede nella scuola. A volte, anche per gli argomenti che li riguardano direttamente, sembra che non riescano ad avere opinioni, idee, che non ci abbiano mai pensato. Forse sono troppo frastornati da tutto ciò che farcisce il loro mondo.
Così alla fine quando scrivono, tutto risulta scialbo, superficiale, privo di passione…ecco, manca la passione , forse sta qui il bandolo della matassa. Che dici?
…e allora…po’ o pò ?
Wow ! Super !